La Provincia, 14/11/2010

domenica 14 novembre 2010 § Lascia un commento

«Racconto storie per far vivere le emozioni» 
Al Santuccio il giallo del taccuino arancione di Andrea Fazioli, autore della Sparizione.
 
Varese – Un minuscolo taccuino arancione. Piccolo quel tanto che basta per passare inosservato ma grande al pari per custodire un’idea. Uno spunto. Una storia, magari noir. Il giallo di “Sabatogiallo oltre” porta la firma di Andrea Fazioli e non solo in calce all’ultimo libro dell’autore ticinese svelato alla lettura del grande pubblico dal Premio Chiara e proiettato alla consacrazione dallo Strega. Il giallo è anche nelle parole annotate anni fa dall’autore 32enne, giornalista del “Giornale del Popolo” prima e della Rsi2 oggi, che nel tardo pomeriggio di ieri al teatrino Santuccio ha animato il secondo degli appuntamenti organizzati dall’associazione Vellone in collaborazione con l’autore e sceneggiatore varesino Paolo Franchini.

Inedito “retroscena” svelato da Davide Gagliardi, sul palco con Ambretta Sampietro, lo stesso Franchini e Filippo De Sanctis. Giallo rivelato ma non svelato. Come quello che si snoda sullo sfondo della «Sparizione», ultima fatica di un autore legato a Varese, città che lo ha scoperto con «Matematica» e la vittoria del Chiara (racconto catartico d’un liceale, correva l’anno 1998, che in pagella si ritrovò un tre ma che raccontando i numeri vinse il premio letterario) e ne ha accompagnato la maturazione (da «Chi muore si rivede» all’«Uomo senza casa», e «Come rapinare una banca svizzera») fino all’approdo nella terra di Corvesco.

Il paese dove, tra le montagne ticinesi, si narrano il silenzio del dolore della diciassettenne Natalia e le ricerche dell’ex investigatore Elia Contini.
«Nel cielo passò un aeroplano. Natalia ne seguì il rumore finché scomparve e all’improvviso si sentì abbandonata…».

L’occhio scorre così lungo una storia, perché questo è ciò che l’autore vuol fare: raccontarla. Scostandosi forse un po’, o forse no, dalla crescente schiera degli scrittori (anche giallisti) sociali. «Lev Tolstoj – scandisce Fazioli – era uno scrittore sociale ma diceva “Io non scrivo per risolvere una questione sociale, ma perché fra cent’anni qualcuno, leggendo il mio libro, rida, pianga e si diverta». Segue la storia, Fazioli: «L’uomo ha bisogno di storie sin da quando, bambino, ascolta la mamma raccontarne e chiede “e poi?…”». Lui ha bisogno di raccontarla, il lettore di leggerla. Racconta con la penna e con la voce, da giornalista culturale (e mattiniero) della Rsi2.

Racconta del Ticino, «indolente paese mediterraneo» di quella Svizzera che è come «una zattera in un porto di mare». Ed è qui, terra di mezzo di tre culture, profondamente accomunata a quella del Bel Paese, che non fa sfoggio d’autobiografia ma recupera l’appunto annotato su un taccuino, forse “quel taccuino arancione”, nove anni fa: «afasia». Il silenzio di Natalia. L’inizio della storia che scorre sull’autostrada e costeggia il Tucano… «Io – dice, e nel dire, conferma – uso le parole per costruire l’emozione e per suscitarle. Faccio quello che so fare e mi piace farlo in vari modi». Meglio con la penna. E con una bella storia noir.

Sara Bartolini

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